Tortora: svelati più di 2000 anni di storia. Terza campagna di scavi condotta dall’Università di Messina nell’area del Foro di Blanda. Rinvenuti, tra gli altri, i resti di un abitato del 560-550 avanti Cristo
Si è conclusa la terza campagna di indagini archeologiche nel Foro di Blanda, cinque settimane di scavo sul colle del Palecastro. Dalla fine di maggio il sito di Blanda è stato indagato dal dipartimento di Civiltà Antiche e Moderne dell’Università degli Studi di Messina, concessionario per conto del Mibact, sotto la direzione scientifica del professore Fabrizio Mollo, in strettissima collaborazione con il comune di Tortora, che ha messo a disposizione attrezzature, ospitalità e supporto logistico, e la Soprintendenza Archeologia, Belle Arti e Paesaggio per le province di Catanzaro, Cosenza e Crotone, nelle persone del Soprintendente Mario Pagano e del Funzionario responsabile Simone Marino. Lo scavo ha visto la partecipazione di oltre quaranta ricercatori (studenti, laureati, specializzati e specializzandi) provenienti dalle Università di Messina, ma anche dall’Unical e da altri atenei italiani. Oggetto delle ricerche la città di Blanda Iulia, colonia di veterani romani databile alla fine del I secolo a.C., in vita sino all’età di Alarico come importante centro amministrativo dell’area del golfo di Policastro, nato in seguito alla guerra annibalica, quando fu preso ai Lucani. Le indagini hanno riguardato anche per quest’anno l’area del Foro della città romana, con una serie di saggi effettuati per cercare di meglio definire e completare gli interventi effettuati nel 2016 e nel 2017. Sono stati indagati soprattutto i settori nord del Foro stesso, dove sono state intercettate le botteghe che si dispongono intorno ad una porticus triplex, un grande portico coperto, di cui si è individuato un poderoso ed ampio crollo del tetto. Al fine di meglio comprendere la situazione planimetrica e l’evoluzione della struttura dell’abitato di Blanda è stato, inoltre, completata l’esplorazione dell’area cosiddetta 1000, posta a ridosso del tempio cosiddetto A, con una serie di edifici appartenenti agli isolati posti a nord e a sud della plateia A, proprio a ridosso dell’ingresso al Foro.
Negli anni passati era stato individuato in questo settore un edificio pluristratificato che si affaccia sulla plateia A, nel settore meridionale, all’ingresso dell’area del Foro, dove nella prosecuzione della strada è emersa anche la presenza della fogna di epoca romana. Le novità più importanti e significative sono riferibili al settore posto alle spalle del tempio A del Capitolium, dove è stato rinvenuto un poderoso livello di materiali arcaici, già individuato nel 2017 e meglio definito nel corso della campagna 2018, riferibili ad un abitato enotrio posto sulla parte sommitale del Palecastro. Si tratta delle prime attestazioni di un insediamento indigeno databile nella prima metà del VI sec. a.C., una delle più grandi scoperte degli ultimi anni, considerato che per la prima volta è emerso un livello arcaico relativo al 560-550 a.C., più antico delle tombe della prima fase della necropoli, databili invece tra 540 e 520 a.C., un orizzonte dove i contatti degli indigeni con il mondo greco sono labili e sfuggenti. Lo scavo 2018 ha permesso di indagare un tratto significativo della plateia A, per una trentina di metri, rinvenuta ingombra dello strato di abbandono e distruzione delle strutture, in parte crollate nella carreggiata, come dimostra la presenza di un intero segmento murario lungo alcuni metri, collassato sulla strada. Al di sotto degli strati di riempimento della strada è stata rinvenuta e indagata per una ventina di metri circa la fogna, passante al centro della strada, costituita da un canale in cementizio coperto da grossi basoli piani ed i tubuli di terracotta all’interno. La fogna sembra essere stata abbandonata tra la fine del I e la metà del II secolo d.C., con la dismissione della fogna stessa, con la copertura divelta ed il riutilizzo delle tubature in laterizio in posizione verticale, al fine di drenare l’acqua. Il sito di Blanda sul Palecastro di Tortora, con le fasi enotrio-indigene, lucane e romane tra VI sec. a.C. e sino al VI sec. d.C., rappresenta uno dei più importanti insediamenti e palinsesti archeologici della Calabria per livello di indagine, storia dell’insediamento ma anche per il mirabile connubio tra istituzioni (Università di Messina, Soprintendenza Archeologia, Belle Arti e Paesaggio, Comune di Tortora) che ne fa ormai un modello virtuoso di riferimento.
Fonte: Corriere della Calabria
Foto Aerea – Pilota SAPR Giuseppe Capalbo